Com’è triste continuare a sentire la stucchevole retorica del ultraliberismo radicale.
I suoi maîtres à penser si affrettano a dirci, con malcelata strafottenza, che chi non vuole fare il testamento biologico potrà continuare a non farlo. È un pensiero sulla stessa linea del “Non vuoi abortire? Non abortire, ma non impedire agli altri di farlo” e del “Non vuoi divorziare? Non divorziare, ma non impedire agli altri di farlo”. Affermazioni dietro le quali c’è sempre la solita idea individualista e sostanzialmente menefreghista della società e del mondo, che caratterizza e permea il nostro vivere ormai da diversi decenni a questa parte.
Ma sono balle. Tutte balle.
Sono inganni. Subdoli e micidiali inganni.
Perché queste norme ribaltano completamente il giudizio di valore che lo Stato dà nei confronti della vita e della società, del cittadino e del suo vivere all’interno di una comunità. Basterebbe un piccolo sforzo a partire da quest’ultima constatazione per demolire la portata delle precedenti affermazioni.
Perché se l’aborto diventa un diritto, il valore della vita non è più al primo posto, ma subordinato a un’infinità di variabili contingenti.
Perché se divorziare diventa più facile che disdire l’abbonamento a Sky, il criterio della stabilità della famiglia – necessario per edificare una società forte e coesa – risulta minato alla radice, per tutti.
Perché se il medico diventa un mero esecutore di istruzioni, allora non esistono più scienza e coscienza, ma solo orientamenti più o meno vincolanti, che saranno dettati di volta in volta dal potente di turno, in barba alla dignità (quella vera) della vita.
Di fronte a questo scempio rimane probabilmente una sola strada da percorrere: una vera Rivoluzione per la Vita. Non basterà sforzarsi per cambiare le leggi, sempre più spesso oggetto di ardite e creative interpretazioni da parte delle corti, ma occorrerà dimostrare al mondo, partendo dal nostro piccolo, che è possibile vivere una vita diversa. Una vita che si spogli dell’illusione dell’individualismo e dell’autodeterminazione elevata a criterio supremo delle scelte; una vita che riscopra il senso della comunità e la certezza di un bene più grande, che sta al di là dei limiti del nostro sentire e del nostro operare; una vita che non abbia mai (mai!) paura di amare, perché consapevole di essere nutrita da un amore ben più grande dei propri meriti.
Questa è la sfida che ci attende. Anzi, io credo che molti, silenziosamente e lontano dai riflettori, la stiano già affrontando. Abbiamo in mano un seme buono, ma estremamente fragile e delicato: la terra che dovrà accoglierlo è ancora lontana, ma se sapremo indicare la giusta direzione, saremo certi di essere in viaggio sulla strada giusta. E allora avanti, in cammino, con pazienza e coraggio.
Andrea Tosini
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 40a Giornata Nazionale per la Vita (4 febbraio 2018)
IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO
“L’amore dà sempre vita”: quest’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci introduce nella celebrazione della Giornata della Vita 2018, incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. Vogliamo porre al centro della nostra riflessione credente la Parola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica via per trovare il senso della vita, frutto dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne richiede la responsabilità.
Formati dall’Amore
La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e, come tale, oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre, che insegna a far festa e rallegrarsi per il ritorno di chi era perduto (cf. Lc 15,32); figli che vivono nel timore del Signore, come insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di un’esistenza “cristica”, abitata dallo stesso sentire di Gesù, secondo le parole dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo per amore (cf. Fil 2,5-6). Timore del Signore e servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene Vangelo della vita, buona notizia,
capace di portare la gioia grande, che è di tutto il popolo (cf. Lc 2,10-13).
Il lessico nuovo della relazione
I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata; una comunità che con il salmista riconosce: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11).
Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione.
Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità. Il credente, divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità. In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui (cf. Mc 3,14; Gv 1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non generica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva. La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo. Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.
Il primo Sabato di ogni mese recitiamo insieme alle ore 17:30* il Rosario per la Vita presso la Basilica Santuario del Colle in Lenola.
Il testo per recitare insieme il Rosario per la Vita
*orario invernale
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un vero e proprio assalto alla 194 – della quale nel 2018 cadono i 40 anni dall’approvazione – imbastito da chi l’aveva fortemente voluta e rivendicata come segno di libertà delle donne. Un assalto costruito intorno a due favole: la prima, quella dell’aborto facile con la pillola abortiva Ru486, di cui si chiede una promozione massiccia anche fuori dagli ospedali, somministrata in consultori e ambulatori e con aborti casalinghi, che avvengono "a domicilio"; la seconda, quella che vorrebbe cancellare l’obiezione di coscienza dei medici, perché a obiettare sarebbero in troppi.
Due favole, dicevamo, perché i fatti sono noti e dicono altro: l’aborto con la Ru486 è più doloroso e rischioso di quello effettuato con le altre procedure. Basti pensare alla mortalità, dieci volte maggiore nel metodo farmacologico rispetto a quello chirurgico. In Italia dei tre decessi segnalati finora, in 40 anni di applicazione della legge, due sono avvenuti successivamente ad aborti farmacologici. Con la Ru486 l’aborto è gestito in piena consapevolezza dalla donna, che deve controllare l’emorragia indotta con la pillola per decidere se chiedere o no l’intervento di un dottore. Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza, i dati nelle relazioni al Parlamento parlano chiaro: gli aborti si sono più che dimezzati (dai 235mila del 1982 agli 88mila del 2015) mentre i medici non obiettori sono rimasti quasi costanti. Il numero di aborti effettuati per settimana dai non obiettori è bassissimo: 1,6 la media nazionale, e i dati forniti dalle regioni, a livello di singola Asl, mostrano pochissimi scostamenti significativi. Se problemi gestionali ci sono, quindi, non dipendono dal numero degli obiettori, ma da un’organizzazione sanitaria inadeguata.
Riguardo alla RU486, va ricordato che ogni Regione si è comportata diversamente, come accade spesso per la sanità. Dal ricovero ordinario al day hospital, dalla centralizzazione in pochi ospedali alla distribuzione diffusa, le diverse amministrazioni hanno scelto liberamente come utilizzare il prodotto abortivo, a prescindere dalle indicazioni ministeriali (che non sono vincolanti), purché sempre in àmbito ospedaliero, come previsto dalla 194. Per l’obiezione di coscienza, appurato che il problema non è la numerosità degli obiettori, va ricordato che la legge prevede che le Regioni possano mettere in mobilità il personale – obiettori e non – se la loro distribuzione sul territorio non è adeguata.
E allora, perché chi ha voluto la 194 adesso la vuole cambiare? Gli obiettivi sono diversi: anzitutto aprire al mercato, ai grandi provider privati. Non è un caso che il primo dei due ricorsi in Consiglio d’Europa contro gli obiettori di coscienza è stato di «Planned Parenthood», la potentissima ong internazionale nelle cui cliniche affiliate l’aborto è uno dei "servizi" più diffusi e remunerativi. È la famosa ong cui vengono tolti i fondi dai presidenti Usa repubblicani – Bush e Trump, per esempio –, puntualmente restituiti quando sono eletti i democratici – è il caso di Clinton e Obama. E se il privato non riuscisse a entrare in Italia – come è stato finora, perché l’Europa non li ha ascoltati – allora, a prescindere dai numeri delle richieste, tutti gli ospedali dovrebbero comunque avere personale non obiettore, comprese quindi anche le strutture cattoliche (secondo obiettivo).
Con la pillola abortiva lo scopo è far scomparire l’aborto dall’orizzonte, trasformandolo da problema sociale, che riguarda tutti noi, ad atto medico, squisitamente privato, che riguarda solo chi lo fa (terzo obiettivo). Togliendo di fatto l’obiezione di coscienza e confinando l’aborto fra il bagno e il tinello di casa si riuscirebbe a chiudere ogni discussione, a sopire ogni polemica, a spegnere, finalmente, l’aspetto drammatico e problematico dell’aborto. La soppressione della vita umana nel grembo materno: che non se ne parli più!
Da trent’anni il Movimento per la vita propone il Concorso Europeo nelle scuole medie superiori e nelle Università di tutta Italia: una iniziativa accompagnata da importanti patrocini e dal lavoro di numerosi volontari. La partecipazione di circa un milione di studenti – di cui oltre 7000 giovani hanno partecipato ai seminari conclusivi a Strasburgo presso le istituzioni europee, e la testimonianza di molti giovani concorrenti, oggi adulti, prova l’efficacia di questa iniziativa.
Da quest’anno il concorso europeo è stato intitolato ad Alessio Solinas, membro dell’equipe giovani scomparso il 24 Luglio 2016.
I cambiamenti principali del concorso di quest’anno riguardano la natura dei premi e la diversificazione della proposta tra gli studenti che frequentano il triennio delle scuole superiori e gli studenti universitari. I partecipanti di entrambi le categorie potranno affrontare il tema proposto secondo diverse modalità, nell’ambito della scrittura, della produzione grafica e di elaborati multimediali; i premi invece risultano differenti per le due categorie.
Il titolo di questa trentesima edizione sarà: “Vita. Diritto di tutti o privilegio di pochi?”. Il dossier di approfondimento sarà inserito e consultabile nel sito www.prolife.it nel corso del mese di ottobre. Il termine della consegna degli elaborati è fissato al 31 marzo 2018.
Proponiamo oggi l’intervista con il responsabile dei giovani del Movimento per la Vita, Tony Persico, rilasciata in vista del 30° Seminario di formazione del Movimento per la Vita.
I giovani potranno anche capire il legame tra vita e pace, ma poi cambierà qualcosa nelle loro scelte?
Tony Persico: La ricetta per passare dalla comprensione all’impegno è semplice, un momento di riflessione e spirito critico, un attimo di indignazione a volte, la forza della speranza e la gioia della condivisione.
Mi sta dando la ricetta del Seminario Quarenghi?
Tony Persico: Proprio così, non è una formula pubblicitaria, ma una ricetta, come dire… Sperimentata! Ogni anno l’incontro dei giovani ha portato frutti di speranza e spesso di contraddizione per i territori. Nelle città che hanno ospitato il seminario sono nati Centri di Aiuto, iniziative di sostegno alle mamme in difficoltà, gruppi universitari impegnati nel mondo accademico. Senza contare i numerosi gesti di impegno quotidiano che hanno fatto la differenza nella vita di tante mamme e anche dei loro bambini. Parlavo prima di condivisione, non è semplicemente l’idea che “l’unione fa la forza”. Noi cerchiamo un di più, il senso dell’amicizia, dell’autenticità, della gratuità: è la reale comunione quel di più che cambia tutto.
La condivisione è anche alla base del vostro volontariato come giovani prolife?
Tony Persico: Tutto quello che facciamo è possibile grazie all’impegno di tanti volontari e in particolar modo della nostra equipe dedicata ai giovani, il loro lavoro senza sosta è il polmone che porta ogni giorno ossigeno alla causa della vita. Una equipe formata da giovani e rivolta ai giovani con un profondo spirito di condivisione. Esattamente come nel nostro volontariato: “solo una mamma sola ricorre all’aborto”, ci ricorda costantemente il nostro presidente nazionale Carlo Casini, mentre la presenza, la relazione, è il primo passo per aiutare una mamma in crisi e salvare una vita, anzi due: quella del bambino che nasce e quella della mamma che scampa l’esperienza tremenda dell’aborto.
E per chi non potrà essere fisicamente al Seminario?
Tony Persico: Ovviamente il seminario non si esaurisce a Maratea… Le relazioni, gli approfondimenti, le interviste e tanti altri spunti saranno disponibili sul blog www.giovaniprolife.org con cui seguiamo non solo il Life Happening, ma anche le altre attività prolife in Italia e in Europa. Non solo, a tutti rinnoviamo l’impegno a spendersi per la cultura della vita proprio sulla rete e sui social network condividendo con i propri amici link, contenuti e iniziative locali.
Cosa può anticipare ai ragazzi e alle ragazze che si preparano ad arrivare a Maratea?
Tony Persico: Arrivando troveranno una comunità ospitale ed un gruppo di volontari che sarà sempre al loro fianco. Li aspetta una settimana al tempo stesso impegnativa ed entusiasmante, un incontro che sicuramente li lascerà cambiati. Durante la settimana potranno approfondire i temi della bioetica insieme ai relatori con l’immediatezza e l’accessibilità che da sempre contraddistingue gli incontri del “Quarenghi”, potranno conoscere il nostro volontariato e soprattutto potranno fare tante nuove amicizie fondate sull’impegno comune e forte in difesa della vita umana. Direi che li aspetta un incontro che oltre a cambiarli gli farà venir voglia di cambiare… anzitutto di cambiare il mondo che li circonda.
Cambiare il mondo? Forse un po’ eccessivo…
Tony Persico: I ragazzi che si impegnano nel volontariato per la vita, a loro modo, hanno già cambiato il mondo. Insieme a tutti i volontari del Movimento per la Vita hanno contribuito a salvare più di centomila bambini nel nostro Paese. Ogni giovane “desidera una vita grande” ce lo ricorda anche Papa Francesco nella sua ultima enciclica; è lui a dirci che questa grandezza passa dall’amore e dal dono. Proprio come diceva Madre Teresa occorre avere il coraggio e l’umiltà di “fare piccole cose con grande amore”. Questo è il nostro segreto per cambiare la storia: cambiare le piccole storie, quelle delle mamme e delle famiglie che incontriamo, per cambiare la storia, quella di tutti gli uomini, ma proprio tutti.
Per ulteriori informazioni:
web mpv.org / blog giovaniprolife.org / mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. / facebook giovani prolife / twitter @giovaniprolife
Tra i molteplici progetti nati in Italia per combattere l’abbandono infantile vogliamo porre in evidenza “Culle per la vita”. In cosa consiste questa iniziativa? Si tratta di una possibilità di accoglienza utile a evitare un estremo gesto di rifiuto.
Donne e uomini per la Vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta
Il coraggio di sognare con Dio
Alla scuola di Papa Francesco s'impara a sognare. Spesso nelle udienze fa riferimento ai sogni dei bambini, dei giovani, dei malati e degli anziani, delle famiglie e delle comunità cristiane, delle donne e degli uomini di fronte alle scelte importanti della vita. Sognare con Dio e con Lui osare e agire! Quando il Papa commenta la Parola di Dio al mattino o quando tiene discorsi nei vari viaggi apostolici, non manca di incoraggiare a sognare in grande. E' nota la sua devozione a San Giuseppe, che considera "Uomo del sogno" (cfr Mt 1,20.24). Quando si rivolge alle famiglie, ricorda loro che il sogno di Dio "continua a realizzarsi nel sogno di molte coppie che hanno il coraggio di fare della loro vita una famiglia; il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo, nessuno si senta superfluo o senza un posto".
I bambini e i nonni, il futuro e la memoria
Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini "sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza". I nonni "sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti".
Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un'economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico, favorendo la difesa di ogni persona umana, dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. E' ciò che ripete ancora oggi Santa Teresa di Calcutta con il famoso discorso pronunciato in occasione del premio Nobel 1979: "Facciamo che ogni singolo bambino sia desiderato"; è ciò che continua a cantare con l'inno alla vita: "La vita è bellezza, ammirala. La vita è un'opportunità, coglila. La vita è beatitudine, assaporala. La vita è un sogno, fanne una realtà...La vita è la vita, difendila".
Con Madre Teresa
La Santa degli ultimi di Calcutta ci insegna ad accogliere il grido di Gesù in croce: nel suo "Ho sete" (Gv 19,28) possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l'accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Gesù è l'agnello immolato e vittorioso: da Lui sgorga un "fiume di vita" (Ap 22,1.2), cui attingono le storie di donne e uomini per la vita nel matrimonio, nel sacerdozio o nella vita consacrata religiosa e secolare. Com'è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi ed accoglienti verso tutti, residenti e immigrati. Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come "partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l'altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell'amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l'aiuto, la carezza, l'abbraccio.
Roma, 22 ottobre 2016
memoria di San Giovanni Paolo II
Il Consiglio Permanente
della Conferenza Episcopale Italiana